martedì 31 luglio 2012

La guerra della Siria (13)


Chi sono i veri responsabili degli omicidi in Siria?
di Michele Lasala

A giudicare dai titoli dei giornali di questi ultimi giorni, pare che la situazione politica della Siria sia abbastanza complessa, oltre che delicata. È difficile fare una analisi dettagliata di quanto sta accadendo in questa terra, martoriata e allo stesso tempo umiliata  dalle carneficine quotidiane; è difficile esprimere un giudizio adeguato, seppur di carattere morale, sul ruolo politico di ogni singola figura che dall’alto manipola le menti di chi effettivamente compie atti criminosi. Chi è il vero responsabile degli assassinii, chi dovrà rispondere dell’accusa di omicidio? Assad è uno dei responsabili o è un dittatore che, in quanto dittatore, svolge un ruolo politico per cui vede la violenza come l’unico mezzo efficace per reprimere i rivoltosi?
E poi, noi tutti siamo responsabili davanti a questi massacri oppure dobbiamo considerarci semplicemente attenti e sensibili lettori di giornali?
È curioso come Benedetto XVI, proprio in riferimento alla situazione politica della Siria, lanci un pressante appello durante l’Angelus: «si ponga fine a ogni violenza e spargimento di sangue» e «non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale» con «dialogo e riconciliazione» per «un'adeguata soluzione politica del conflitto». Non si può non condividere un pensiero come questo, ma è altrettanto vero che il Papa in questi giorni, mentre in Siria muore gente, muoiono cristiani, è a Castelgandolfo, nella sua residenza estiva. Certo, il Papa non può andare a combattere, Benedetto XVI non è Giulio II. Perciò mi chiedo come sia possibile risolvere quella situazione. Sono sufficienti le parole del pontefice? Io temo proprio di no.
Di chi è la responsabilità quindi? Hanna Arendt, nel saggio Colpa organizzata e responsabilità universale, ad un certo punto dice, parlando delle responsabilità dello sterminio degli ebrei: «A ben vedere, quando tutti sono colpevoli nessuno può essere giudicato, poiché quella colpa non è congiunta nemmeno alla mera apparenza, la mera parvenza di responsabilità. Fintanto che la punizione rappresenterà un diritto del criminale – e questo modello è stato per più di duemila anni il fondamento del senso della giustizia e del diritto dell’uomo occidentale – la colpa implicherà la coscienza della colpa e la punizione la certezza che il criminale una persona responsabile».


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