domenica 22 luglio 2012

La guerra della Siria (5)


Il cavalier Assad e la Realpolitik delle democrazie

Di fronte a una immane tragedia come quella siriana, la revoca dell'onoreficenza ad Assad può apparire futile e inutile

Ventidue senatori hanno chiesto che sia revocata «per indegnità» l'alta onorificenza (Cavaliere di Gran croce della Repubblica [vedi in basso, ndr]) che un paio d'anni fa venne dal presidente Napolitano elargita al siriano Bashar al Assad. Alla puntuale cronaca che Fausto Biloslavo ha dedicato al fatto voglio aggiungere - da remoto ma assiduo frequentatore, come giornalista, di viaggi quirinaleschi - qualche osservazione.

Quando i capi di Stato o di governo vanno in visita all'estero si procede immancabilmente a uno scambio di decorazioni tra loro e i rispettivi seguiti - ne è toccata qualcuna anche a me - e a uno scambio di discorsi improntati, anche se l'interlocutore non ha le migliori credenziali democratiche, a generiche lodi per i comuni ideali e a fervidi auspici. Né l'ospite né l'ospitante possono sottrarsi a questi convenevoli d'obbligo. Capisco i motivi che, alla luce delle recenti efferatezze di Assad, hanno indotto alcuni parlamentari a invocare la revoca dell'onorificenza. Non mi convince tuttavia una revisione che, di fronte a una immane tragedia come quella siriana, può apparire futile e inutile.Il caso di Assad - dall'Occidente ritenuto a torto, prima delle carneficine, un riformatore - ripropone un interrogativo, morale e politico, tuttora insoluto. Fino a chi punto un paese democratico può spingersi nel mantenere rapporti con le tirannie. Lo spartiacque dovrebbe essere rappresentata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo formulata nel 1948 dall'Onu, consesso in cui gli antilibertà prevalsero sempre e il potere di veto veniva esercitato dal più feroce dittatore che la storia ricordi: Stalin. I più repressivi governi vi ebbero ospitalità così come oggi vi hanno ospitalità i Paesi islamici che hanno accettato la carta dei diritti, ma purché non sia in contrasto con il Corano. Ragion per cui in Arabia Saudita le donne non hanno potuto guidare l'automobile. Allora va a finire che gli ostracismi derivano da considerazioni d'opportunità se non di bottega. Facile prendersela con la Corea del Nord, che calpesta ogni diritto ma non conta nulla. Impossibile prendersela sul serio con la Cina che di alcuni diritti fa carne di porco ma che domina la scena mondiale; o con l'Arabia Saudita il cui greggio ci è indispensabile.I piccoli rischiano di più. Dopo il colpo di Stato militare (1973) contro Salvador Allende in Cile tutte le democrazie ritirarono i loro ambasciatori da Santiago. Ma solo l'Italia insistette, per volontà dei socialisti: con grande ira della colonia italiana - in larga misura favorevole a Pinochet - che veniva penalizzata nel confronto con le altre collettività straniere. Durante la guerra fredda l'Italia si acconciò alle celebrazioni di Togliattigrad, dove la Fiat aveva impiantato una grande fabbrica d'automobili. Le schizzinosità democratiche devono sovente cedere il passo al realismo dei profitti. Napolitano è criticato per le fotografie che lo ritraggono in posa - sciarpe a tracolla e medaglie appuntate sul petto - con Assad, Berlusconi fu criticato per le pacche sulle spalle - era ed è nel suo stile - a Gheddafi. Nel nome dell'interesse nazionale o ideologico si accetta tutto. L'Urss protesse macellai africani come l'etiope Menghistu, ma anche la Francia non fece mancare il suo appoggio all'infame Bokassa. Lo stesso Putin non è immune da fondatissimi sospetti d'abuso di potere, ma il gas russo gli garantisce una sorta d'impunità. Insomma, chi è senza peccato scagli la prima pietra. E nessuna pietra vola nell'aria.Il truce Assad merita le peggiori punizioni per i tormenti inflitti al popolo siriano. Ma su lui pesa un'aggravante - o un'attenuante, dipende dai punti di vista. La Siria non è un forziere petrolifero, e questo gli risparmierà forse gli attacchi armati inflitti a Gheddafi. Ma la Siria non è nemmeno un Paese che pesi molto nel contesto internazionale, e questo non assicurerà ad Assad l'impunità di cui si fregia oggi la Cina e di cui si fregiò in passato l'Urss.




Ordine al Merito della Repubblica Italiana

fonti normative

L. 3 marzo 1951, n. 178 (1). Istituzione dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana» e disciplina del conferimento e dell'uso delle onorificenze (2).
1. È istituito l'Ordine «Al merito della Repubblica Italiana», destinato a dare una particolare attestazione a coloro che abbiano speciali benemerenze verso la Nazione.
2. Capo dell'Ordine è il Presidente della Repubblica. L'Ordine è retto da un Consiglio composto di un cancelliere, che lo presiede, e di sedici membri. Il cancelliere e i membri del Consiglio dell'Ordine sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri. Il Consiglio elegge nel proprio seno una Giunta di quattro membri. La Giunta è presieduta dal cancelliere.
3. L'Ordine è composto di cinque classi: cavalieri di gran croce, grandi ufficiali, commendatori, ufficiali e cavalieri. Per altissime benemerenze può essere eccezionalmente conferita ai cavalieri di gran croce la decorazione di gran cordone. Il numero massimo delle nomine che potranno farsi annualmente nelle cinque classi è determinato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Consiglio dei Ministri e il Consiglio dell'ordine (3).
4Le onorificenze sono conferite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Giunta dell'Ordine. Particolari forme di conferimento possono essere stabilite nello statuto previsto dall'art. 6 (4). Le onorificenze non possono essere conferite ai senatori ed ai deputati durante il tempo del loro mandato parlamentare.
5. Salve le disposizioni della legge penale, incorre nella perdita della onorificenza l'insignito che se ne renda indegno. La revoca è pronunciata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine.
6. Lo statuto dell'Ordine è approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine(4).
7. I cittadini italiani non possono usare nel territorio della Repubblica onorificenze o distinzioni cavalleresche loro conferite in Ordini non nazionali o da Stati esteri, se non sono autorizzati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli affari esteri. I contravventori sono puniti con la sanzione amministrativa sino a lire 2.500.000 (5). L'uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche della Santa Sede e dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro continua ad essere regolato dalle disposizioni vigenti (6). Nulla è parimente innovato alle norme in vigore per l'uso delle onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche del Sovrano Militare Ordine di Malta.
8. Salvo quanto è disposto dall'art. 7, è vietato il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni o privati. I trasgressori sono puniti con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 1.250.000 a lire 2.500.000 (7). Chiunque fa uso, in qualsiasi forma e modalità, di onorificenze, decorazioni o distinzioni di cui al precedente comma, anche se conferite prima dell'entrata in vigore della presente legge, è punito con la sanzione amministrativa da lire 250.000 a lire 1.750.000 (8). La condanna per i reati previsti nei commi precedenti importa la pubblicazione della sentenza ai sensi dell'art. 36, ultimo comma, del Codice penale. Le disposizioni del secondo e terzo comma si applicano anche quando il conferimento delle onorificenze, decorazioni o distinzioni sia avvenuto all'estero.
9. L'Ordine della SS. Annunziata e le relative onorificenze sono soppressi. L'Ordine della Corona d'Italia è soppresso e cessa il conferimento delle onorificenze dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (9). È tuttavia consentito l'uso delle onorificenze già conferite, escluso ogni diritto di precedenza nelle pubbliche cerimonie. Per gli altri Ordini ed onorificenze, istituiti prima del 2 giugno 1946, si provvederà con separata legge.
10. Il Governo è autorizzato ad emanare le norme occorrenti per l'attuazione della presente legge (10).

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 marzo 1951, n. 73.
(2) Vedi, anche, il D.P.R. 3 maggio 1952, n. 458. 
(3) Vedi, anche, l'art. 3, D.P.R. 13 maggio 1952, n. 458.
(4) Tale statuto è stato approvato con D.P.R. 31 ottobre 1952.
(5) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689, riportata alla voce Ordinamento giudiziario. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, secondo comma, della stessa legge. Per effetto dell'art. 10 della medesima L. 24 novembre 1981, n. 689, l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000.
(6) Vedi il R.D. 10 luglio 1930, n. 974, riportato alla voce Santa Sede.
(7) La misura della multa è stata così elevata dall'art. 113, secondo comma, L. 24 novembre 1981, n. 689, riportata alla voce Ordinamento giudiziario. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689.
(8) La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689, riportata alla voce Ordinamento giudiziario. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, secondo comma, della stessa legge.
(9) Vedi la L. 5 novembre 1962, n. 1596 (Gazz. Uff. 28 novembre 1962, n. 303), recante il nuovo ordinamento dell'Ordine Mauriziano in attuazione della quattordicesima disposizione finale della Costituzione.
(10) Vedi il D.P.R. 13 maggio 1952, n. 458.





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