Dallo stile
romanico allo stile gotico. Il gusto estetico del XII secolo
di Michele Lasala
di Michele Lasala
Tra il secolo XI e il secolo XII comincia a svilupparsi e a
diffondersi in maniera sempre più fitta in tutta Europa il cosiddetto stile
‘romanico’, stile prevalentemente di carattere architettonico, ma che
ritroviamo, seppur in misura assai minore, anche in pittura e in modo assai frequente
in scultura.
Le prime occorrenze del termine ‘romanico’, o comunque
dell’espressione “arte romanica”, si fanno risalire – come giustamente ricorda
Pietro Toesca, uno dei massimi studiosi italiani novecenteschi dell’arte
medievale – alla prima metà del secolo XIX (il termine ‘romanico’ fu usato per
la prima volta infatti nel 1818 da Charles Duhérissier de Gerville per definire
il carattere evidentemente “romanzo” dell’architettura dei secoli X-XII, in
opposizione a “germanico” che invece designava l’arte gotica) contemporaneamente
e in concomitanza al fiorire e allo svilupparsi degli studi sulla lingua e
sulla letteratura romanza. Il termine sta a designare il gusto estetico proprio
del Basso Medioevo, gusto caratterizzato in particolar modo dal recupero
sistematico di quello che, diciamo così, era il lessico dell’arte romana, dell’arte
classica; ma più in particolare è quel gusto caratterizzato dal recupero sempre
più deciso e marcato degli elementi architettonici che andavano a
caratterizzare le diverse tipologie degli edifici dell’età classica. Il
capitello, la colonna, l’arco a tutto sesto, la volta a botte e a crociera sono
solo alcuni degli esempi di elementi architettonici classici che ritroviamo
effettivamente nella nuova e moderna architettura romanica.
Il fenomeno del recupero del passato generalmente è tipico
di quelle fasi storiche che gli studiosi solitamente amano designare col
termine di ‘rinascita’ o con quello di ‘rinascimento’, si pensi proprio a un
periodo come il secolo XV, di cui prima si è detto. E proprio durante il XII
secolo si assiste a un evidente e dichiarato recupero del passato anche in
ambito architettonico..
Saranno le chiese a manifestare prevalentemente tutta la
magnificenza di questo nuovo stile artistico, mutuato, per l’appunto,
dall’estetica classica, e sarà lo storico francese Raoul Le Chauve
(italianizzato come Rodolfo il Glabro), uno dei più importanti cronisti del
Medioevo (nonché monaco di Cluny), a descrivere il fenomeno della massiccia
attività edilizia che portò l’Europa medievale ad arricchirsi sempre più di
chiese, cattedrali e monasteri.
Nelle sue Cronache dell'Anno Mille lo storico
francese ci dice che
«Mentre si avvicinava il terzo anno dopo il
Mille, in quasi tutto il mondo, ma soprattutto in Italia e in Gallia, le chiese
furono rinnovate. Benchè la maggior parte di loro, di solida costruzione, non
avesse bisogno di essere restaurata, tuttavia i cristiani sembravano
rivaleggiare tra loro per edificare chiese che fossero le une più belle delle
altre. Era come se il mondo si fosse scosso e, liberandosi dalla sua vecchiaia,
si fosse rivestito di un candido manto di chiese. I fedeli, in effetti, non
soltanto abbellirono quasi tutte le cattedrali e le chiese dei monasteri
dedicate a diversi santi, ma anche le piccole cappelle situate nei villaggi»[1].
Le chiese, stando a quanto scrive il cronista francese,
cominciarono a rinnovarsi, modernizzarsi a partire proprio dal terzo anno dopo
il Mille, e questo rinnovamento è dovuto proprio al reimpiego di materiali
ricavati direttamente dagli edifici antichi, o comunque dalla riproposizione
quasi ossessiva di elementi caratterizzanti i modelli architettonici
dell’antichità classica.
In prevalenza, il rinnovamento delle chiese si verificò in
Gallia e in Italia, e infatti proprio in Francia e in Italia noi abbiamo le più
grandi testimonianze di cattedrali, chiese, basiliche e monasteri in stile prevalentemente
romanico, otre che in stile gotico; stile, quest’ultimo, che si sviluppa proprio
in seno a quello romanico, e che si distaccherà via via da esso, rappresentando
sempre più, già nel secolo XIII, una nuova concezione di quella che è l’ars aedificatoria.
Ma anche in Spagna, in Inghilterra, in Germania abbiamo
esempi di architettura romanica di altrettanta grande importanza. Un esempio
fra tutti è la cattedrale di Santiago di Campostela in Catalogna, edificio
iniziato nel 1075.
«Geograficamente,
l’arte che si chiama romanica si sviluppa in un arco che va dalla Spagna alla
Polonia, comprendendo a sud l’Italia e a nord la Gran Bretagna e i paesi
scandinavi. Storicamente, corrisponde all’età feudale e comunale. È anche
l’epoca dei grandi contrasti tra Chiesa e Impero: ma la disputa non insiste
tanto sull’origine carismatica dell’autorità quanto sulla giustificazione
storica del potere, sull’aspirazione all’eredità politica, giuridica e
culturale di Roma. Il fondamento storico e la finalità comune spiegano come
l’arte romanica, pur conservando una sua unità di fondo, si sviluppi a livelli
diversi, ora distinguendo ed ora intrecciando l’elemento aulico e il popolare»[2].
L’affermazione di questa nuova cultura artistica avvenne
nell’ambito di un più generale processo di sviluppo che ha riguardato
effettivamente tutta l’Europa. Si registrò, infatti, nella società medievale un
complesso movimento di espansione subito dopo il periodo delle invasione dei
popoli orientali e della anarchia istituzionale con l’avvento dell’impero ottoniano
(962).
Questo sviluppo fu di natura prevalentemente economica e
demografica e portò conseguentemente a una sempre più marcata ripresa del
commercio; ma fu anche uno sviluppo di carattere religioso, per l’affermarsi di
una forte spinta riformatrice maturata negli ambienti monastici e volta a
riaffermare l’autonomia ecclesiastica rispetto al potere politico.
Tuttavia, a porre le premesse al sorgere dell’arte nuova
sarà indubbiamente il fenomeno della rinascita delle città.
Col tramonto dell’Impero d’Oriente e il defluire
dell’invasione musulmana, con il primo formarsi di culture nazionali
nell’ambito del mondo neo-latino, cominciano a prender forma, invece, i
caratteri propri della nuova cultura artistica del gotico. Il fulcro di questa
cultura è indubbiamente la Francia, ma ci sono altresì contesti geografici di
importanza non trascurabile come quello rappresentato per esempio dall’Italia e
dalla Germania.
La nascita dello stile gotico coincide con il progressivo ma
lento declino dello stile romanico, declino che va di pari passo con il
tramonto del potere monacale monastico. La figura tipica del sedentario monaco
di clausura generalmente amanuense (copiava libri a mano) o quella del monaco incline
alla amministrazione del monastero, rimase sempre più lontana dalle nuove
istanze ed esigenze cittadine e più prossima a correnti prettamente eterodosse
come poteva essere il valdismo e le eresie popolari. I monaci quindi cessarono
a poco a poco di essere l’unico corpo spirituale che intercedeva per la società,
una società nella quale la concezione dell’esistenza ed il pensiero erano profondamente
differenti da quelli del mondo romanico.
Il cambiamento effettivo ebbe inizio verso la fine del XII secolo,
quando il sistema feudale cominciò a perdere fondamentalmente la sua stabilità politica ed economica a causa
del fenomeno sempre crescente dell’esodo dalle campagne. In questo mutamento
radicale delle condizioni di vita, in questo passaggio inarrestabile dalla
campagna alla città e dal baratto alla economia monetaria, la cultura, fino ad
allora patrimonio quasi esclusivo del clero e della Chiesa, si andò sempre più
laicizzando.
Su questo terreno di evidente cambiamento sociale e
culturale si innesta il fenomeno della nascita delle prime forme di università.
[1] Rodolfo il Glabro, Cronache
dell'Anno Mille (Storie), a cura di G. Cavallo e G. Orlandi, Fondazione
Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori editore, Milano 1990.
[2] G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Rizzoli,
Milano 2004. Inoltre per una chiara ed esauriente ricognizione storica e
geografica di quello che è stato il fenomeno artistico del romanico con le sue
implicazioni sociali, politiche e culturali, si rimanda alla lettura di André
Chastel, L’art italien, trad. it. di
Anna Banti e Fausta Cataldi Villari, Storia
dell’arte italiana (volume I), Laterza, Roma-Bari 2004.
Troia, duomo, particolare della facciata
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